Perugia, 29 agosto 2025

Il consenso non è negoziabile: senza consenso è violenza

Da Vittoria Ferdinandi, Sindaca di Perugia

Le vicende di “Mia moglie” e di Phica.eu hanno un’unica radice: una cultura del non consenso. Una cultura che riduce il corpo delle donne a oggetto, possesso, merce di scambio tra uomini.

È una cultura che io stessa, come tante colleghe politiche e come milioni di donne, ho subìto sulla mia pelle: abusi verbali, vilipendi, battute sessiste, violazioni.

Come delegata ANCI alle pari opportunità lo ribadisco con forza: la chiusura di Phica.eu non è la vittoria che speravamo, ma un segnale drammatico.

Per anni quel sito ha raccolto migliaia di immagini, rubate dai social, scattate di nascosto, manipolate con deepfake, fino a materiale pedopornografico, su cui centinaia di migliaia di uomini hanno inscenato veri e propri “stupri digitali”.

720mila iscritti, un archivio tra i più grandi di violenza online mai visti in Italia. Eppure, per vent’anni, non è accaduto nulla: denunce archiviate, autorità impreparate, vuoti legislativi enormi, nessuna pressione sulle piattaforme. A chi si è rivolta alle forze dell’ordine, spesso è stato risposto che “non è un reato”. Ma lo è, eccome.

Oggi il sito chiude non per un intervento della giustizia, ma per scelta degli stessi amministratori, che hanno perfino guadagnato dalle paure degli utenti, facendo pagare per cancellare gli account.

Sono usciti illesi e pronti ad aprire altrove altri spazi di violenza. E nel frattempo le vittime non avranno giustizia: le loro foto sparite, la vergogna ancora addosso, la catena che continua altrove.

Nel comunicato di ANCI ho scritto che questo è un problema sistemico. È sempre lo stesso copione: il consenso, mai tematizzato, mai messo al centro, trattato come dettaglio secondario invece che come fondamento di ogni relazione.

Leggevo un report dell’associazione “Permesso Negato” che in Italia, nel 2023, c’erano almeno 147 gruppi su Telegram che condividevano pornografia non consensuale, con oltre 16 milioni di iscrizioni. Non parliamo di “mostri isolati” come potrebbe chiamarli qualcuno, parliamo di uomini normali, padri di famiglia, colleghi, vicini di casa. È questa ordinarietà a rendere tutto più inquietante.

Per questo la battaglia non può fermarsi alla chiusura di un sito. Il nostro impegno deve essere costruire una cultura del rispetto e del consenso. Entrare nelle scuole, educare le nuove generazioni, formare le forze dell’ordine e la classe politica, colmare i vuoti normativi e pretendere responsabilità dalle piattaforme.

Con i Comuni, siamo impegnati in una campagna permanente contro la violenza di genere: per tenere alta l’attenzione e ribadire con forza che il corpo delle donne non si tocca, mai.

Faccio mie le parole di Gisèle Pelicot: la vergogna deve cambiare lato. Non può pesare sulle vittime, ma su chi ha violato, tradito, consumato e condiviso.

La nostra lotta è culturale, politica e quotidiana: perché la libertà e la dignità delle donne non siano mai più sacrificate al silenzio complice di un sistema che non le protegge.